
Tradizioni & Curiosità…
Scriveva, a fine Ottocento, Valentino Ostermann (1841 -1904) testimoniando dalle pagine di “La vita in Friuli” che il culto valentiniano era molto diffuso e sentito dalle genti friulane. In città ed in campagna. A tal riguardo ricordava: nel Friuli contadino dell’Ottocento il 14 febbraio, dopo la celebrazione religiosa, era costume andare all’osteria a far merenda, mangiando le salsicce fresche e le braciole di maiale purché la festa non cadesse in un giorno di magro nel qual caso sulla mensa comparivano aringhe, sardelle, uova e verdura primaticcia. Tante sono le tradizioni popolari e gli aneddoti attorno alla memoria del Santo: gli anziani ricordano sicuramente alcuni detti e proverbi, come “A San Valentino la primavera sta vicino”, come “A San Valantin il vaciar distude il lumin”, per indicare che al mattino non serve la luce artificiale nella stalla.
Altri proverbi, invece, nascono con l’intento di sottolineare che la natura si risveglia. A indicare questo particolare aspetto della festività troviamo i detti “A san Valantin al nàs il jeurin” e “A San Valantin al cjante l’odulin”, l’allodola, messaggera di luce che i Celti consideravano un uccello sacro. Un tempo, nella nostra regione, durante il mese di febbraio faceva ancora molto freddo e, a tal proposito, si diceva “Fevrarut pies di dut” o “A san Valantin s’inglace la roe cun dut il mulin”. Il San Valentino che noi veneriamo e che è raffigurato sull’altare di Pasian di Prato, non è il Valentino Vescovo di Terni, ma è il sacerdote martire a Roma, patrono delle persone con epilessia. Le prime notizie su di lui le troviamo nella “Passione di Mario e Marta” dove si racconta del prete Valentino, che aveva guarito dalla cecità la figlia di un giudice, di nome Asterio, poi fatto uccidere sulla via Flaminia ai
tempi di Claudio il gotico (268-270). Sul luogo del martirio intanto era stata già costruita da papa Giulio I (337-352) una basilica, successivamente abbellita da papa Teodoro (642-649). Soprattutto nel Nord Europa Valentino è il santo scongiuratore del “mal caduco” (come un tempo veniva definita l’epilessia; “il mâl dal assident” in Friuli). Verosimilmente San Valentino è considerato il Santo protettore delle persone con epilessia perché è uno dei santi decapitati, come San Giovanni Battista, San Donato, anch’essi protettori delle persone con epilessia: sono i santi martiri decapitati, che “hanno perso la testa”. Inoltre c’è da tener presente che San Valentino è anche il santo protettore delle malattie mentali e delle “possessioni demoniache”. Questa missione di guaritore richiama il suo stesso nome “Valentinus” -in latino- che deriva dal verbo “valere”: star bene in salute, essere sano e forte. Andreina Nicoloso Ciceri (Tradizioni popolari in Friuli, Società Filologica Friulana, Chiandetti editore) ricorda che in passato, per la ricorrenza del Santo, non si mancava di andare ad acquistare il pane benedetto (a forma di otto o di cuore), le chiavette benedette che si appendevano al collo dell’ammalato o delle lunghe e sottilissime candeline che si accendevano durante le crisi epilettiche. Il pane benedetto, che in Friuli si è esteso poi come tradizione in altre circostanze (nelle Cresime e nei Matrimoni, i “Colàz”) richiama il vero Farmaco che guarisce “tutto l’uomo” e lo custodisce nell’amore: l’Eucaristia. I pani che anche noi distribuiamo, non sono consacrati, ma benedetti e costituiscono un segno che vuol sottolineare la dimensione familiare e domestica che ogni comunità cristiana deve avere, sostenuta dallo stesso nutrimento, raccolta e radunata dai suoi Santi Patroni.